Benessere

Dipendenza da cellulare: quando disconnettersi è l’unica via d’uscita

Oggi come non mai, la dipendenza da cellulare è una problematica piuttosto diffusa. Diamo uno sguardo ai sintomi e ai rimedi.

Come contrastare la dipendenza da cellulare? Se la situazione è preoccupante, è bene chiedere l’aiuto di uno psicoterapeuta. In caso contrario, basterà porre dei limiti e allontanarsi dal dispositivo tecnologico, provando a vivere davvero il presente. L’amato qui ed ora delle filosofie orientali è il mantra da tenere fisso nella mente.

Dipendenza da cellulare: come riconoscerla

La dipendenza da cellulare, il cui nome tecnico è nomofobia, è chiamata anche sindrome da disconnessione. Quanti la vivono hanno il vero e proprio terrore di rimanere senza smartphone tra le mani, copertura di rete compresa. Non è solo l’apparecchio a creare dipendenza, ma anche la connessione dello stesso, che non deve mai mancare. Nel caso in cui ci si trova in un posto in cui il telefonino non prende, si piomba nel panico. La dipendenza da cellulare ha sintomi chiari:

  • contatto continuo ed esasperato con lo smartphone;
  • rifiuto di separarsi dal dispositivo tecnologico;
  • terrore di rimanere senza rete;
  • caricabatterie sempre a portata di mano;
  • necessità di controllare lo smartphone anche quando si è in compagnia di altre persone;
  • cellulare acceso 24 ore su 24 con suoneria non silenziata;
  • utilizzo del telefonino anche nei luoghi dove non è consentito;
  • ansia, paura e depressione nel momento in cui si sperimenta la disconnessione;
  • rabbia e aggressività nei confronti di coloro che fanno notare il disturbo.

La dipendenza da cellulare è molto diffusa nei nostri giorni, specialmente dopo l’avvento dei social. E’ per questo che è necessario porre rimedio il prima possibile.

Dipendenza da cellulare: come uscirne?

Per la dipendenza da cellulare ci sono diversi rimedi, uno su tutti: il supporto di uno psicoterapeuta. Senza ombra di dubbio, avere con sé lo smartphone trasmette sicurezza alla quasi totalità della popolazione mondiale. Eppure, quando il rapporto tra l’individuo e il dispositivo tecnologico diventa ossessivo è bene agire e interrompere il ‘corto circuito’. Un percorso di terapia è necessario quando la situazione è patologica. In caso contrario basterà darsi dei limiti e rispettarli, soprattutto per quel che riguarda il tempo massimo da trascorrere inchiodati ai social. Ricordate, il qui ed ora è magico e, soprattutto, cambia di minuto in minuto e non tornerà più.

Fabrizia Volponi

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