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Sommario articolo
Scoprire di essere ammalati di cancro è uno shock talmente grande che può provocare gravi conseguenze psicologiche, e addirittura condurre al suicidio. Una ricerca ha dimostrato come la percentuale di persone che si tolgono la vita in un dato periodo di tempo – entro un anno dalla diagnosi di tumore – è di molto maggiore rispetto a quanto previsto per la popolazione generale. Tuttavia, il rischio di suicidio aumenta in maniera diversa in base al tipo di cancro che viene diagnosticato.
Lo studio è stato condotto da un team guidato dal professor Anas Saad dell’Università Ain Shams del Cairo, in Egitto. Analizzando i dati di circa 4,7 milioni di pazienti che hanno ricevuto una diagnosi di tumore tra il 2000 e il 2014, i ricercatori scoperto che 1.585 malati si sono tolti la vita entro il primo anno.
Ciò che è subito apparso evidente, studiando le cartelle cliniche dei pazienti, è come le percentuali di rischio fossero profondamente diverse in base al tipo di tumore di cui erano malati coloro che si sono suicidati. Le statistiche estrapolate da questa ricerca dimostrano come il rischio di suicidio aumenti in media di 2,5 volte nei pazienti oncologici, rispetto al resto della popolazione.
La forma tumorale che presenta un maggior rischio di suicidio è il carcinoma al pancreas, uno dei più aggressivi. In questo caso, il tasso e di oltre 8 volte maggiore rispetto a quello previsto per la popolazione globale. Anche il cancro ai polmoni ha mostrato un rilevante aumento di rischio, pari a circa 6,05 volte.
Nessuna variazione statistica è stata invece rilevata per i pazienti che hanno scoperto di essere malati di tumore alla prostata o al seno. Questi carcinomi avrebbero dunque un minore impatto psicologico rispetto ad altre forme tumorali.
Gli esiti dello studio dimostrano per l’ennesima volta come sia importante predisporre un percorso di sostegno psicologico per coloro che ricevono una diagnosi oncologica. Questo per prevenire depressione, ansia o altre forme di disagio che possono portare al suicidio.
Ma non solo gli operatori di salute mentale dovrebbero agire per arginare il rischio. È fondamentale il supporto dei familiari del malato, che dovrebbero ricevere un’adeguata formazione per capire i segnali di rischio e accompagnare il paziente oncologico nel suo difficile percorso.
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