Benessere

Ceruloplasmina, cos’è e a cosa serve: quando è bassa può indicare il morbo di Wilson

Che cos’è e a cosa serve la ceruloplasmina? Vediamo cosa significa quando questo valore è troppo basso, i sintomi e cosa fare.

La ceruloplasmina è una proteina molto importante per il corretto funzionamento dell’intero organismo umano. Quando i suoi valori nel sangue sono troppo bassi, però, c’è qualcosa che non va: potrebbe indicare il morbo di Wilson. Vediamo quali sono le cause e cosa fare quando se le analisi presentano un valore sballato.

Ceruloplasmina bassa: cause e sintomi

Proteina che si occupa del trasporto del rame nel sangue, la ceruloplasmina è sintetizzata soprattutto dal fegato. Inoltre, svolge diverse attività biologiche, come l’azione antiossidante. Generalmente, questo valore si misura quando c’è bisogno di valutare il metabolismo del rame oppure per capire se ci sono patologie legate alla carenza del minerale. La ceruloplasima bassa, ad esempio, è il primo campanello d’allarme del morbo di Wilson. E’ bene sottolineare, però, che quando il suo valore è basso non c’è da allarmarsi subito perché le analisi del sangue sono da leggere in correlazione ad altri esami. Di solito, questa problematica provoca diversi sintomi:

  • ittero;
  • stanchezza;
  • dolore addominale;
  • alterazioni del comportamento;
  • tremori;
  • nausea;
  • distonia;
  • difficoltà di deambulazione e/o di deglutizione.

La ceruloplasmina bassa ha cause che, nella maggior parte dei casi, sono da ricollegare alla malattia di Wilson. A scatenare la problematica, però, possono essere anche: sindromi di Menkes, aceruloplasminemia, eccessiva somministrazione di zinco, malnutrizione e in tutte le patologie che determinano una ridotta sintesi o un aumentata perdita di proteine.

Ceruloplasmina: valori normali e cura

I valori normali di ceruloplasmina sono compresi tra 20 e 60 mg/dL. E’ bene sottolineare, però, che il range di riferimento può variare in base all’età, al sesso e alla strumentazione utilizzata dal laboratorio di analisi. Pertanto, basatevi sull’intervallo riportato sul referto. Inoltre, non dimenticate che gli esami del sangue non vanno mai letti in modo isolato, ma in correlazione con i risultati di altri strumenti diagnostici.

Fabrizia Volponi

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